IL TEMPO SOSPESO

di Filippo Mancini

Allo scoppio della guerra in Ucraina ho sentito forte la necessità di dover condividere in prima persona lo sconvolgimento che stava soffrendo la popolazione civile ucraina e portare intimamente il mio seppur piccolo contributo umano. Impiegato da piu’ di 10 anni in operazioni umanitarie in varie aree del mondo, sarebbe stata la prima volta in cui mi ritrovavo a vivere e lavorare dal di dentro in un paese in guerra.

Da Lviv a Kharkiv viaggiando da Ovest a Est del paese, ho potuto con i miei occhi e la macchina fotografica ritrarre la distruzione e gli effetti della guerra. Interi quartieri sventrati, edifici distrutti, scuole abbandonate, ponti e strade bombardate. Oltre alla devastazione materiale, negli occhi delle persone ho letto i riflessi, ancora vivi, dei traumi vissuti e le perdite sofferte.

Negli ambienti ovattati del lungo inverno ucraino, nella lentezza delle sterminate campagne e nella quiete dei villaggi rurali, come nei silenzi di Kyiv e Kharkiv al coprifuoco, ho ricercato in questi due anni di scatti un’equilibrio e un antidoto che contrastasse la veemenza della guerra. Perché non c’è normalità in un paese in guerra. Le sirene degli allarmi antiaerei irrompono in ogni momento, le esplosioni sono improvvise, deflagrano nel pieno della notte, all’uscita di un supermercato, durante una corsa lungo il fiume, scuotono i vetri dei palazzi, e fanno tremare la terra. La materia si frantuma, i nervi si irrigidiscono e i frammenti di questa guerra penetrano nell’animo umano, sotto la superficie e si sedimentano nell’intimo, creando una corazza di resistenza.

In questo scenario, ho ricercato la semplicità della vita contadina, gli abbracci e i sorrisi di chi ha appena lasciato alle sue spalle un’intera vita, la tanta forza di donne, bambini, anziani, e famiglie intere come un inno alla vita, un grido sussurrato alla pace e un atto di resistenza umana contro la guerra.

Vivere e raccontare le storie delle tante persone che ho incontrato in Ucraina è per me un dovere, un impegno civile e di umanità, un tentativo di far capire quanto la guerra sia irreale e disumana: “perché quando hai visto, non puoi più far finta di non aver visto” (cit).